streetstyle

F COME FLOREALE

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A sinistra, scatto di Federico Miletto per The Men Issue, Styling Giovanni de Ruvo. A destra, scatto di streetstyle (fonte: dripcult.com).

L’alfabeto della Moda oggi chiama in causa la lettera F, per Floreale.

Se si potesse dare un titolo ad ogni capo o accessorio che indossiamo, quello che mi viene subito in mente per la camicia in alto a sinistra (propostaci dai gemelli Dean e Dan Caten per Dsquared2) è “Blue Hawaii”, album inciso da Elvis Presley nel 1961 e colonna sonora dell’omonimo film da lui interpretato.

Da sempre, forse per colpa di alcuni clichè legati a film americani, immaginiamo la camicia floreale indossata dal signore di mezza età un po’ panciuto, magari accompagnato da una maxi Coca-Cola ghiacciata e patatine, o da atletici spring-breakers, che la portano, sbottonata e leggera, sul costume da bagno, pronti a tuffarsi in piscina. Oppure ancora indossata dal nerd, o con i pantaloni a vita alta con pinces per ricordare nostalgicamente momenti retrò. Tutti immaginari ormai superati: va benissimo qualsiasi stile si voglia avere, ma nella moda maschile e di conseguenza nella vita di tutti i giorni, la stampa floreale macro o micro non è piu soltanto destinata al tipo da spiaggia o identificativa di un genere ben preciso, ma è assolutamente vista con un altro occhio ed anche con abbinamenti che prima non ci si aspettava di vedere.

Nel cinema abbiamo innumerevoli esempi di uomini diversi tra loro che indossano una camicia floreale, da Al Pacino in “Scarface”, a Johnny Depp in “Paura e delirio a Las Vegas” a Leonardo di Caprio in “Romeo + Juliet”, fino a “Da qui all’eternità” con Burt Lancaster, Montgomery Clift e Frank Sinatra. Anche Harry Truman, presidente degli Stati Uniti, indossò una camicia floreale sulla copertina della rivista “Life” nel 1951, con il sottotitolo: “L’evoluzione di un guardaroba”.

La natura è di tendenza: pattern floreali non solo sulle camicie, ma anche su pantaloni, scarpe ed accessori. O addirittura indossati sotto l’abito formale: la classica camicia bianca in cotone e/o con il plastron è ovviamente sempre presente nel guardaroba di un uomo, ma per chi non ha paura di osare, la camicia floreale si può abbinare sotto un abito, sdrammatizzandolo.

Nello scatto realizzato per The Men Issue da Federico Miletto, il modello indossa una camicia in cotone stampa floreale hawaiana con ruches in pvc sul fronte della collezione spring/summer 18 Dsquared2, abbinata ad una T-Shirt bianca e ad un pantalone casual. Nello scatto di street style da (dripcult.com) che troviamo a fianco, abbiamo Justin o’Shea scattato durante la fashion week, che indossa la camicia floreale mixando il grunge allo stile classico, portandola stretta a seconda pelle con maniche arrotolate ed abbottonata stretta al collo con un pantalone classico, bomber in pelle ed occhialoni da sole.

I designer, nelle sfilate attuali, come potete vedere nella gallery che raccoglie alcuni look dalle collezioni maschili della spring/summer 2018, propongono questo capo in svariati modi, dal total look flower power di Ami, al guerriero bohèmien proposto da Ann Demeulemeester, alla giacca di Giorgio Armani nei toni del blu, romantica e di classe; Dolce & Gabbana propone il floreale ,spezzato con un’altra stampa a contrasto, in un look sportivo, fino ad arrivare alle due camicie in cotone e nylon di Louis Vuitton che, sovrapposte, danno alla stampa un effetto ottico tridimensionale. Giovanni de Ruvo

AMI, ss18

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B COME BOMBER

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A sinistra, scatto di Federico Miletto per The Men Issue, Styling Giovanni de Ruvo. A destra, scatto di streetstyle (fonte: soletopia.com).

L’alfabeto della Moda oggi chiama in causa la lettera B, per Bomber.

Capo originariamente creato per i piloti dell’aviazione durante la Prima Guerra Mondiale, con spiccate caratteristiche di calore e comfort, inizia a cambiare rotta, forma e colori con il passare degli anni, diventando capo-simbolo di appartenenza per diverse subculture, come gli Skinhead negli anni 80, o i Punk che lo intercambiavano con il loro amato chiodo, ma con applicazioni di spille da balia, borchie, frasi scritte a pennarello e patch provenienti da concerti in giro per il mondo, il tutto rigorosamente handmade.

Diverso per caratteristiche, colori e significato, è il bomber baseball, con maniche abbondanti, spesso di colori e materiali a contrasto, elastico in vita e patch applicata sul fronte con lo stemma della squadra, città o college di appartenenza, diventato nel tempo un caposaldo dello stile preppy, lo sporty-chic per antonomasia. Quello che però resta un evergreen, che continuiamo a vedere indossato da molti e che rimane nell’immaginario collettivo, è il classico in nylon verde o nero con il taschino sulla manica, dalla vestibilità ampia con la fodera arancio a contrasto.

Nel cinema, un giovane Ryan Gosling nel film Drive consacra il bomber in satin bianco, sfoggiandolo in modo spavaldo nella sua duplice vita da duro, di giorno stuntmen e di notte rapinatore.

La storia ci racconta anche di un’altra tipologia di bomber, e cioè quello ricamato: la sua nascita non proviene dall’estro di un talentuoso designer dei giorni nostri, bensì dal Giappone, ai tempi della Seconda Guerra Mondiale. I soldati americani se li facevano ricamare prima di ritornare a casa da artisti giapponesi, spesso per raffigurare territori conquistati, uniti a simboli patriottici e nipponici: aquile insieme a fiori di ciliegio, carpe e dragoni; una sorta di cartolina da portare sempre con sè, segno di forza, dedizione e riconoscibilità.

Ed è quest’ultima l’ispirazione dietro al capo protagonista dello scatto realizzato per The Men Issue da Federico Miletto: il modello indossa un bomber in seta ricamato con dettagli a contrasto della collezione s/s 18 Coach 1941, abbinato, in modo semplice e contemporaneo, a una T-Shirt bianca e un pantalone classico a righe, ma slim fit; nello scatto di streetstyle che troviamo a fianco invece il bomber oversize è indossato con un gioco di sovrapposizioni su un’altra giacca in nylon imbottita e una maxi felpa con cappuccio in denim, creando così un contrasto di colori e volumi assolutamente attuale, adottato in particolare dai ragazzi più giovani.

I designer, nelle sfilate attuali, come potete vedere nella gallery che raccoglie alcuni look dalle collezioni maschili della spring/summer 2018, propongono il bomber in svariati modi, creando varie tipologie di styling e di attitude; dal classico check all over di Burberry, al maculato di Les Hommes, al bomber in suede leggero con cappuccio e stampe di Hermès, fino a quello in stile vintage con applicazioni e maniche fiammanti di Philipp Plein. Giovanni de Ruvo

Bottega Veneta, ss18

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S COME SUEDE

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A sinistra, scatto di Federico Miletto per The Men Issue, Styling Giovanni de Ruvo. A destra, scatto di streetstyle (fonte: menfashionhub.com).

L’alfabeto della Moda oggi chiama in causa la lettera S, per Suede.

Il termine sta ad indicare il camoscio e deriva dal francese Suède, che si riferiva ad un particolare tipo di guanti importati dalla Svezia; il materiale trova però le sue origini tra i nativi americani, che ai tempi già conciavano pelli per creare abiti sia maschili che femminili, molto simili tra loro, delle specie di casacche lunghe e morbide. Pelle versatile, ricorda alla vista e al tatto il velluto, e viene molto utilizzata sia nell’industria della moda che in quella dell’arredamento; presente in mille varianti di forme e colore, unisce eleganza e comfort.

La sua consacrazione nella moda avviene durante gli anni 70, entrando a far parte dello stile dei figli dei fiori e di ogni rockstar degna di questo nome, sia uomo che donna. A proposito di musica, il termine “Suede” venne scelto come nome da una band Alternative Rock formatasi nel 1989 del Regno Unito, forse per le sensazioni che evoca per il suo essere al tatto soffice, vellutato e opaco, accogliente e raffinato. Come non dimenticare poi la mitica “Blue Suede Shoes”, una famosissima canzone di Elvis Presley, che nel 1956, per celebrare l’uscita del brano e il suo conseguente successo, comprò un paio di scarpe blu scamosciate, esposte ancora oggi al Museo Elvis-A-Rama di Las Vegas.

Nel cinema la giacca scamosciata si legga a personaggi iconici, assumendo ogni volta connotazioni molto diverse e confermando quindi il suo carattere versatile: grintoso e molto maschile è il giubbotto di Butch (Bruce Willis) in Pulp Fiction, nella scena della fucilata a John Travolta; un ritorno alle origini è la blusa di Daniel Day Lewis nell’Ultimo dei Mohicani; un inno alla libertà e alla praticità è il giaccone di Dennis Hopper in Easy Rider. Sempre nel cinema, ma femminile, indimenticabile è il bikini in suede indossato da Raquel Welch in “Un milione di anni fa”.

Nella storia della moda, tanti sono i brand che ne hanno fatto largo uso, dalla Sahariana di Yves Saint Laurent, a Tom Ford, a Prada, a Roberto Cavalli con i suoi abiti, giacche e pantaloni con frange e patchwork in Suede. Nella moda di oggi, i designer preferiscono concentrarsi sul capospalla, come potete vedere nella gallery che raccoglie alcuni look dalle collezioni maschili della spring/summer 2018. Un capospalla declinato però nelle più disparate forme e colori: in Balmain un tripudio di frange abbinate al collo da una bolo tie ed un denim candeggiato in stile Tie-dye, ma il tutto in sobrio bianco e nero; in Tom Ford invece uno sportivo color carta da zucchero abbinato a dei blue jeans; in Gucci abbinato in un certosino patchwork a pellami preziosi.
Nello scatto realizzato per The Men Issue da Federico Miletto, il modello indossa una giacca sahariana con maxi tasche applicate in suede della collezione s/s 18 Ermenegildo Zegna, abbinata ad una maglia e ad un pantalone classico, per un look elegante ma di carattere; nello scatto di street style che troviamo a fianco invece, la giacca (bomber) in suede è indossata in modo casual ma attuale allo stesso tempo, con Borsalino e camicia portata fuori dallo skinny jeans. Giovanni de Ruvo

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T COME TUXEDO

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A sinistra, scatto di Federico Miletto per The Men Issue, Styling Giovanni de Ruvo. A destra, scatto di streetstyle (fonte: Notsopopkulture).

 

L’alfabeto della Moda oggi chiama in causa la lettera T, per Tuxedo.

Prendere una coppetta da cocktail e riempirla di ghiaccio per raffreddarla. Riempire un secondo bicchiere di ghiaccio, poi aggiungere 3 cl di gin, 3 cl di dry vermut, 2,5 ml di maraschino, 1 ml di assenzio e 1 ml di orange bitters. Mescolare bene il tutto, poi filtrare nella coppetta da cocktail dopo averne rimosso il ghiaccio. Spremere leggermente una fettina di scorza di limone sopra il bicchiere, dopodiché guarnirlo con la stessa fetta a spirale e con una ciliegia da cocktail. Servire senza cannuccia.
In maniera alternativa si potrebbe persino raccontare così, la classe di un capo d’abbigliamento che ha fatto la storia dell’eleganza maschile: pochi ingredienti che mescolati bene insieme formano il Tuxedo cocktail…ma, questa, è un’altra storia.

Il Tuxedo, quello vero, nacque, come leggenda narra, al Tuxedo Club, in New Jersey, nel 1886: locale dove si incontravano tutti gli uomini eleganti del tempo, indossando abiti di alta sartoria fatti su misura dai sarti Henry Poole & Co.
Chiamato Tuxedo o Smoking, questa invenzione è ancora oggi contesa tra Americani ed Inglesi, che ne richiedono la patria potestà, considerato che fu indossato per la prima volta in occasioni ufficiali dal Duca di Windsor.
Inizialmente infatti era solamente la giacca che copriva l’abito del gentleman dall’odore del tabacco durante le fumate di sigaro nelle sale fumatori del tempo.

Venne sdoganato poi successivamente, ed indossato con fierezza e con delle regole ben precise: mai prima delle ore 18, fit perfetto, sartoriale, nero o blu notte, monopetto oppure doppiopetto, con camicia bianca e gemelli ai polsi, panciotto fasciante, papillon rigorosamente da annodare, e stringate nere lucide o slippers.

Il tuxedo per antonomasia va a braccetto con il personaggio – cinematografico – di James Bond: da Sean Connery, a Pierce Brosnan, Roger Moore, fino ad arrivare a Daniel Craig, abbiamo avuto carrellate infinite di uomini elegantissimi, abbigliati in modo impeccabile, spesso da nomi blasonati del mondo fashion, come Tom Ford.

Nella moda di oggi, vigono forse un po’ meno regole, meno restrizioni: via al colore, abbinamenti sgargianti, quasi sbagliati, da Gucci; total gold per Berluti; bianco, con stampe a righe quasi optical da Balmain; con revers a contrasto e con applicazioni di pietre, così come vediamo nella gallery che vi proponiamo di seguito dalle sfilate della spring/summer 2018.

Nello scatto realizzato appositamente per The Men Issue da Federico Miletto, vi proponiamo il tuxedo indossato nella versione classica, in nero ed elegante: abito in cotone misto seta con revers in raso, di Tagliatore by Pino Lerario, collezione spring/summer 18. Vi accostiamo un secondo scatto, di street style, in cui il modo di indossarlo è completamente rivisitato, diventando più casual ma cool allo stesso tempo: la giacca stessa è arricchita da ricami floreali, e abbinata a pantaloni sportivi con bande laterali, sneakers bianche e marsupio in pelle. Un modo di uscire dagli schemi, che forse farà rabbrividire i puristi, ma che porta una ventata di freschezza. Come del resto aveva fatto il Duca di Windsor a suo tempo. Giovanni de Ruvo

Gucci, spring/summer 18

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N COME NYLON

TMIA sinistra, scatto di Federico Miletto per The Men Issue, Styling Giovanni de Ruvo. A destra, scatto di Evaan Kheraj per Prospekt Supply.

L’alfabeto della Moda oggi chiama in causa la lettera N, per Nylon.

“Resistente come l’acciaio e delicato come una ragnatela”, è lo slogan che pubblicizzò questa fibra nel 1937.
Varie leggende accompagnano la nascita del nome Nylon.
La prima vede Nylon come acronimo di Now You Lose Old Nippon; perché dopo la seconda guerra mondiale, il Giappone impedì l’importazione della seta dalla Cina, utilizzata dagli Stati Uniti per i paracadute, i quali si dovettero ingegnare per creare un nuovo materiale, dandogli appunto questo nome.
Un’altra invece dice che il nome derivi dall’unione dei nomi New York e Londra, perché la fibra fu sviluppata proprio tra questi due luoghi, sempre per sopperire alla mancanza della seta per i paracadute.
Altra leggenda metropolitana narra invece che il suo inventore (Wallace Hume Carothers) nel 1937, anno della scoperta, diede a questo materiale il nome di Fiber 6,6, che non essendo né un nome originale, né accattivante, né degno di una tale scoperta, mise in moto le menti dei suoi collaboratori, che mettendo in fila i nomi delle proprie mogli (Nancy, Yvonne, Lonella Olivia, Nina), partorirono la parola Nylon.

Nome a parte, questa scoperta fu, ed è ancora tutt’oggi, così importante a livello mondiale, che permise sin da subito al suo inventore di avere una vita da nababbo per sé stesso e per i propri discendenti; basti pensare solo ad alcuni dei suoi utilizzi più comuni: calze in nylon per le donne, setole degli spazzolini da denti, chiusure in velcro nelle giacche, corde delle chitarre.
In particolare le calze in nylon ebbero una straordinaria diffusione negli anni ’50, e tutte le donne, anche le meno abbienti, volevano possederne un paio.
Successivamente ci fu il lancio della maglietta in cotone e nylon “easy care”, di facile manutenzione, asciugatura e anti-stropiccio, che gran complice ebbe in un giovane e sexy Marlon Brando, che la indossava aderente ed inserita nel suo jeans. Anche in quel caso, ovviamente, fu un boom di vendite.

Il Nylon e la moda? Un nome su tutti: Miuccia Prada, che negli anni 80 con i suoi zainetti in black Nylon raggiunge un successo smisurato, facendo di questo materiale il patrimonio genetico della sua casa di moda.
Infatti proprio in uno di questi scatti vediamo come anche nelle collezioni attuali della Spring/Summer ’18, proprio Prada, così come molti altri nomi illustri presenti nella gallery, proponga il nylon come espressione di eleganza contemporanea, stampato e non, in varie colorazioni e forme, pratico e allo stesso tempo sofisticato, con tagli sportivi accompagnati da zip, tasche, cappucci e coulisse, ma anche moderno e pulito, aperto a moltissime interpretazioni stilistiche.

Nello scatto realizzato per The Men Issue da Federico Miletto, il completo composto da felpa con coulisse e cappuccio, pantalone e cappellino bucket (Spring/Summer 17/18 ZZegna) realizzato in nylon leggero giallo acceso e grigio si presenta nel classico mood sportivo, abbinato a delle sneakers; mentre come sempre, lo scatto street style, a fianco, ci propone invece un modo di  indossarlo urbano e cool. Giovanni de Ruvo

Lanvin, s/s 2018

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