giovanni de ruvo

P COME PIED DE POULE

SITO ALE (1) Ermanno ScervinoSTREET STYLE

A sinistra, scatto di Federico Miletto per The Men Issue, Styling Giovanni de Ruvo. A destra, scatto di streetstyle (fonte: style.corriere.it)

L’alfabeto della moda oggi chiama in causa la lettera P, per Pied de Poule.

Un grande classico le cui origini risalgono alla Scozia del XIX secolo: i pastori utilizzavano un tessuto realizzato con dei fili di lana intrecciati in modo da creare questa fantasia, che ricorda la zampa di una gallina (da qui il nome) per ripararsi dal freddo. Inevitabilmente è un pattern che cattura l’attenzione per la sua particolare resa cromatica, e dopo diverso tempo viene adottato anche dalle classi più agiate; perfino nell’arte, in diversi quadri impressionisti, possiamo scorgere elementi con trama a pied de poule nelle vesti.
Nei primi anni ‘50, Monsieur Dior utilizza questa fantasia per creare il packaging del suo profumo Miss Dior, consacrando “la zampa di gallina” come simbolo di eleganza e classe. Successivamente, oltre che nella moda, riscontra grande successo anche nel design: diviene uno dei rivestimenti iconici della storica “Egg Chair” di Arne Jacobsen; negli anni ‘60 entra a far parte dei must-have tra le stampe optical, diventando grande fonte d’ispirazione sia per la moda che per la musica: tanti, da Capucci a Charles Jourdan, creano abiti ed accessori con questa texture, molto spesso in versione total look, mescolandola in formato macro e micro.
Nel 1966 un giovane Bob Dylan, in una sua performance live in Danimarca, sfoggia sul palco un completo in macro Pied de Poule. Nei primi anni 2000 Salvatore Ferragamo e Alexander McQueen sono tra i maggiori utilizzatori nelle loro collezioni di questa texture, sia creando abiti stampati all over, che borse, scarpe e tutti gli accessori di complemento.

Nello scatto realizzato per The Men Issue da Federico Miletto, il modello indossa una giacca sartoriale dell’attuale collezione fall/winter Ermanno Scervino, abbinata ad un dolcevita in lana ed un pantalone classico con inserti ai lati di un piping che conferisce al look un tocco più casual ed attuale.
Nello scatto di streetstyle (da Style.corriere.it) il cappotto stampa micro Pied de Poule è indossato su un look multistrato, conseguenza forse anche del clima circostante, formato da un bomber e da una camicia in flanella a quadri portati su una polo bianca e un denim, in una combinazione e mescolanza di stampe e stili diversi, il country che incontra la borghesia.
Nelle sfilate attuali i designer propongono il Pied de Poule in molteplici varianti, come potete vedere nella gallery a seguire: Antonio Marras ne fa un inserto nelle sue felpe, Michael Kors lo esalta nella pelletteria e negli accessori, così come fa Joseph Abboud nelle sue cravatte, mentre Tommy Hilfiger crea un intarsio in un patchwork di maglieria.
La tendenza maggiore è comunque la microstampa, affiancata ad un grande risalto dato ai tagli dei capi: revers a nodo destrutturato per Raf Simons, la giacca mantella da Gucci, fino al bomber sporty con patch di MSGM. Giovanni de Ruvo

Raf Simons, f/w 2018/19

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J COME JACQUARD

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A sinistra, scatto di Federico Miletto per The Men Issue, Styling Giovanni de Ruvo. A destra, scatto di streetstyle (fonte: lookastic.it).

L’alfabeto della Moda oggi chiama in causa la lettera J, per Jacquard.

Probabilmente con un po’ più di fortuna, oggi questa tecnica avrebbe avuto un nome italiano, magari “Il Calabrese”.
Certo, suona strano, ma come tutte le cose, con la forza dell’abitudine, ci sarebbe poi parso come la normalità.
Oggi, sia in Italia che nel resto del mondo, questa tecnica è conosciuta con il nome del suo inventore Francese, Il Signor Joseph Marie Jacquard, forse complice il fatto che, tra il 1804 ed il 1806, le tecniche e le conoscenze nel settore furono forse decisamente più avanzate, rispetto al xv secolo.

Da Italiano sarò di parte, ma è importante spiegare come sono andate le cose, ne consegue quindi una breve spiegazione.

Il primo e vero prototipo del telaio Jacquard fu realizzato nella seconda metà del secolo xv da un tessitore Catanese, conosciuto a Lione come “Jean le Calabrais”, ossia Giovanni il Calabrese, che, ospitato da Luigi XI, introdusse questa nuova tipologia di telaio in grado di lavorare i filati più velocemente ed in modo più preciso; avrebbe portato quindi si una miglioria alla manifattura tessile di Lione, ma allo stesso tempo, forse, ad una maggiore disoccupazione nel settore. Fu fortemente ostacolato quindi dal resto dei tessitori, che non ne favorirono la diffusione.
Anni dopo, il già citato signor Jacquard migliorò la tecnica, riuscendo a creare un sistema in grado di eseguire disegni molto complessi, tramite un telaio ed un macchinario che, con l’ausilio di una scheda perforata, movimentava in maniera automatica i singoli fili di ordito.

Ma torniamo al jacquard in quanto tessuto…
Nella moda, questo tipo di lavorazione ha trovato terreno fertile grazie alle sue molteplici sfaccettature e applicazioni.
Chi ne ha fatto davvero il proprio segno distintivo è Missoni, brand che ha saputo sviluppare in mille varianti, forme e colori questa maglia, adottandola come simbolo e dandole un carattere riconoscibile in tutto il mondo.
Ma da Elsa Schiaparelli con la sua maglieria femminile eccentrica e couture, a Dolce & Gabbana, ad Alexander McQueen che amò fortemente questa tecnica, a Vivienne Westwood fino a Pringle of Scotland, tutti quanti si sono cimentati e si cimentano tutt’ora nell’utilizzo di questa maglia.

Nello scatto realizzato per The Men Issue da Federico Miletto, il modello indossa un cardigan oversize in maglia jaquard in cashmere della collezione fall/winter 18 di Alanui, portato con un look comodo, dall’attitude etnica, cool e un po’ sciancrata.
Nello scatto di streetstyle (da lookastic.it) che troviamo a fianco, il cardigan verde bosco con motivi geometrici, viene portato su una camicia bianca classica ed un chino, con un paio di aviator per un look casual e da città.
Nelle sfilate attuali, i designer, come potete vedere nella gallery che raccoglie alcuni look dalle collezioni del prossimo autunno/inverno, propongono questa lavorazione in svariati modi, dalla vestaglia di Etro super colorata ed etnica, alla maglia di Calvin Klein con ricamo cartoon, fino al cappotto di Alexander McQueen completamente lavorato con jacquard floreale. Giovanni de Ruvo

Dries Van Noten fw18/19

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F COME FLOREALE

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A sinistra, scatto di Federico Miletto per The Men Issue, Styling Giovanni de Ruvo. A destra, scatto di streetstyle (fonte: dripcult.com).

L’alfabeto della Moda oggi chiama in causa la lettera F, per Floreale.

Se si potesse dare un titolo ad ogni capo o accessorio che indossiamo, quello che mi viene subito in mente per la camicia in alto a sinistra (propostaci dai gemelli Dean e Dan Caten per Dsquared2) è “Blue Hawaii”, album inciso da Elvis Presley nel 1961 e colonna sonora dell’omonimo film da lui interpretato.

Da sempre, forse per colpa di alcuni clichè legati a film americani, immaginiamo la camicia floreale indossata dal signore di mezza età un po’ panciuto, magari accompagnato da una maxi Coca-Cola ghiacciata e patatine, o da atletici spring-breakers, che la portano, sbottonata e leggera, sul costume da bagno, pronti a tuffarsi in piscina. Oppure ancora indossata dal nerd, o con i pantaloni a vita alta con pinces per ricordare nostalgicamente momenti retrò. Tutti immaginari ormai superati: va benissimo qualsiasi stile si voglia avere, ma nella moda maschile e di conseguenza nella vita di tutti i giorni, la stampa floreale macro o micro non è piu soltanto destinata al tipo da spiaggia o identificativa di un genere ben preciso, ma è assolutamente vista con un altro occhio ed anche con abbinamenti che prima non ci si aspettava di vedere.

Nel cinema abbiamo innumerevoli esempi di uomini diversi tra loro che indossano una camicia floreale, da Al Pacino in “Scarface”, a Johnny Depp in “Paura e delirio a Las Vegas” a Leonardo di Caprio in “Romeo + Juliet”, fino a “Da qui all’eternità” con Burt Lancaster, Montgomery Clift e Frank Sinatra. Anche Harry Truman, presidente degli Stati Uniti, indossò una camicia floreale sulla copertina della rivista “Life” nel 1951, con il sottotitolo: “L’evoluzione di un guardaroba”.

La natura è di tendenza: pattern floreali non solo sulle camicie, ma anche su pantaloni, scarpe ed accessori. O addirittura indossati sotto l’abito formale: la classica camicia bianca in cotone e/o con il plastron è ovviamente sempre presente nel guardaroba di un uomo, ma per chi non ha paura di osare, la camicia floreale si può abbinare sotto un abito, sdrammatizzandolo.

Nello scatto realizzato per The Men Issue da Federico Miletto, il modello indossa una camicia in cotone stampa floreale hawaiana con ruches in pvc sul fronte della collezione spring/summer 18 Dsquared2, abbinata ad una T-Shirt bianca e ad un pantalone casual. Nello scatto di street style da (dripcult.com) che troviamo a fianco, abbiamo Justin o’Shea scattato durante la fashion week, che indossa la camicia floreale mixando il grunge allo stile classico, portandola stretta a seconda pelle con maniche arrotolate ed abbottonata stretta al collo con un pantalone classico, bomber in pelle ed occhialoni da sole.

I designer, nelle sfilate attuali, come potete vedere nella gallery che raccoglie alcuni look dalle collezioni maschili della spring/summer 2018, propongono questo capo in svariati modi, dal total look flower power di Ami, al guerriero bohèmien proposto da Ann Demeulemeester, alla giacca di Giorgio Armani nei toni del blu, romantica e di classe; Dolce & Gabbana propone il floreale ,spezzato con un’altra stampa a contrasto, in un look sportivo, fino ad arrivare alle due camicie in cotone e nylon di Louis Vuitton che, sovrapposte, danno alla stampa un effetto ottico tridimensionale. Giovanni de Ruvo

AMI, ss18

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B COME BOMBER

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A sinistra, scatto di Federico Miletto per The Men Issue, Styling Giovanni de Ruvo. A destra, scatto di streetstyle (fonte: soletopia.com).

L’alfabeto della Moda oggi chiama in causa la lettera B, per Bomber.

Capo originariamente creato per i piloti dell’aviazione durante la Prima Guerra Mondiale, con spiccate caratteristiche di calore e comfort, inizia a cambiare rotta, forma e colori con il passare degli anni, diventando capo-simbolo di appartenenza per diverse subculture, come gli Skinhead negli anni 80, o i Punk che lo intercambiavano con il loro amato chiodo, ma con applicazioni di spille da balia, borchie, frasi scritte a pennarello e patch provenienti da concerti in giro per il mondo, il tutto rigorosamente handmade.

Diverso per caratteristiche, colori e significato, è il bomber baseball, con maniche abbondanti, spesso di colori e materiali a contrasto, elastico in vita e patch applicata sul fronte con lo stemma della squadra, città o college di appartenenza, diventato nel tempo un caposaldo dello stile preppy, lo sporty-chic per antonomasia. Quello che però resta un evergreen, che continuiamo a vedere indossato da molti e che rimane nell’immaginario collettivo, è il classico in nylon verde o nero con il taschino sulla manica, dalla vestibilità ampia con la fodera arancio a contrasto.

Nel cinema, un giovane Ryan Gosling nel film Drive consacra il bomber in satin bianco, sfoggiandolo in modo spavaldo nella sua duplice vita da duro, di giorno stuntmen e di notte rapinatore.

La storia ci racconta anche di un’altra tipologia di bomber, e cioè quello ricamato: la sua nascita non proviene dall’estro di un talentuoso designer dei giorni nostri, bensì dal Giappone, ai tempi della Seconda Guerra Mondiale. I soldati americani se li facevano ricamare prima di ritornare a casa da artisti giapponesi, spesso per raffigurare territori conquistati, uniti a simboli patriottici e nipponici: aquile insieme a fiori di ciliegio, carpe e dragoni; una sorta di cartolina da portare sempre con sè, segno di forza, dedizione e riconoscibilità.

Ed è quest’ultima l’ispirazione dietro al capo protagonista dello scatto realizzato per The Men Issue da Federico Miletto: il modello indossa un bomber in seta ricamato con dettagli a contrasto della collezione s/s 18 Coach 1941, abbinato, in modo semplice e contemporaneo, a una T-Shirt bianca e un pantalone classico a righe, ma slim fit; nello scatto di streetstyle che troviamo a fianco invece il bomber oversize è indossato con un gioco di sovrapposizioni su un’altra giacca in nylon imbottita e una maxi felpa con cappuccio in denim, creando così un contrasto di colori e volumi assolutamente attuale, adottato in particolare dai ragazzi più giovani.

I designer, nelle sfilate attuali, come potete vedere nella gallery che raccoglie alcuni look dalle collezioni maschili della spring/summer 2018, propongono il bomber in svariati modi, creando varie tipologie di styling e di attitude; dal classico check all over di Burberry, al maculato di Les Hommes, al bomber in suede leggero con cappuccio e stampe di Hermès, fino a quello in stile vintage con applicazioni e maniche fiammanti di Philipp Plein. Giovanni de Ruvo

Bottega Veneta, ss18

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S COME SUEDE

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A sinistra, scatto di Federico Miletto per The Men Issue, Styling Giovanni de Ruvo. A destra, scatto di streetstyle (fonte: menfashionhub.com).

L’alfabeto della Moda oggi chiama in causa la lettera S, per Suede.

Il termine sta ad indicare il camoscio e deriva dal francese Suède, che si riferiva ad un particolare tipo di guanti importati dalla Svezia; il materiale trova però le sue origini tra i nativi americani, che ai tempi già conciavano pelli per creare abiti sia maschili che femminili, molto simili tra loro, delle specie di casacche lunghe e morbide. Pelle versatile, ricorda alla vista e al tatto il velluto, e viene molto utilizzata sia nell’industria della moda che in quella dell’arredamento; presente in mille varianti di forme e colore, unisce eleganza e comfort.

La sua consacrazione nella moda avviene durante gli anni 70, entrando a far parte dello stile dei figli dei fiori e di ogni rockstar degna di questo nome, sia uomo che donna. A proposito di musica, il termine “Suede” venne scelto come nome da una band Alternative Rock formatasi nel 1989 del Regno Unito, forse per le sensazioni che evoca per il suo essere al tatto soffice, vellutato e opaco, accogliente e raffinato. Come non dimenticare poi la mitica “Blue Suede Shoes”, una famosissima canzone di Elvis Presley, che nel 1956, per celebrare l’uscita del brano e il suo conseguente successo, comprò un paio di scarpe blu scamosciate, esposte ancora oggi al Museo Elvis-A-Rama di Las Vegas.

Nel cinema la giacca scamosciata si legga a personaggi iconici, assumendo ogni volta connotazioni molto diverse e confermando quindi il suo carattere versatile: grintoso e molto maschile è il giubbotto di Butch (Bruce Willis) in Pulp Fiction, nella scena della fucilata a John Travolta; un ritorno alle origini è la blusa di Daniel Day Lewis nell’Ultimo dei Mohicani; un inno alla libertà e alla praticità è il giaccone di Dennis Hopper in Easy Rider. Sempre nel cinema, ma femminile, indimenticabile è il bikini in suede indossato da Raquel Welch in “Un milione di anni fa”.

Nella storia della moda, tanti sono i brand che ne hanno fatto largo uso, dalla Sahariana di Yves Saint Laurent, a Tom Ford, a Prada, a Roberto Cavalli con i suoi abiti, giacche e pantaloni con frange e patchwork in Suede. Nella moda di oggi, i designer preferiscono concentrarsi sul capospalla, come potete vedere nella gallery che raccoglie alcuni look dalle collezioni maschili della spring/summer 2018. Un capospalla declinato però nelle più disparate forme e colori: in Balmain un tripudio di frange abbinate al collo da una bolo tie ed un denim candeggiato in stile Tie-dye, ma il tutto in sobrio bianco e nero; in Tom Ford invece uno sportivo color carta da zucchero abbinato a dei blue jeans; in Gucci abbinato in un certosino patchwork a pellami preziosi.
Nello scatto realizzato per The Men Issue da Federico Miletto, il modello indossa una giacca sahariana con maxi tasche applicate in suede della collezione s/s 18 Ermenegildo Zegna, abbinata ad una maglia e ad un pantalone classico, per un look elegante ma di carattere; nello scatto di street style che troviamo a fianco invece, la giacca (bomber) in suede è indossata in modo casual ma attuale allo stesso tempo, con Borsalino e camicia portata fuori dallo skinny jeans. Giovanni de Ruvo

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