fernendo nevruz

TU SI COMM’A NA ROSA, ROSA… ROSA MAGGESE

In un tempo strano, dove attecchisce sempre più l’assurda convenzione che ‘giovane’ faccia rima con capace, unico e consapevole, è commovente trovare una solida eccezione come il magrissimo Paride Mirabilio. Spicca questo giovane autore, un angelo sottile senza un’ala che si esprime in maniera talmente benevola attraverso la fotografia e la grafica da progettare autonomamente un reworking di una copertina del collettivo “Irrepressibles” e da essere notato – pubblicato dagli stessi.

Questo giovane artista baffuto (che sogna spesso di tagliare proprio questi baffi a manubrio) nasce e vive a Pescara ma trascorre la sua infanzia a Cervia che ancora ricorda con tenerezza. Tanto Pop (le eccentriche T – shirt sono imperdibili) quanto raffinato, Paride riesce a rinnovare e riportare all’origine l’autoritratto nelle sue fotografie apparentemente semplici, dove il corpo contorto e scarnificato è presente e assente nello stesso momento. Un corpo nudo, inconsolabile, abbandonato, in attesa di qualcosa ma anche insolito e fresco, accattivante narciso. Un uso della luce rarefatta a cercare sospensioni e grigi contrasti alla ricerca di asimmetrie nuove.

Il triangolo e la circonferenza sono forme ricorrenti nelle visioni di Mirabilio e negli autoritratti, secondo una memoria schieliana, la schiena e le mani. Mirabolante è la serie “Flowers inside me”, dove i fiori svelano l’interiorità dei ritratti, sembrano nutrirsi delle forme stesse dei volti umani – quasi sempre maschili – che fanno da cornice straripante a effetti lussureggianti negando in alcuni casi qualsiasi riconoscibilità del soggetto. Nature morte più che umane, desiderabili e desideranti in cui primo piano e sfondo si fondono in un florilegio di petali, corolle e foglie.

Questi ritratti floreali viaggiano immersi in spazi planetari, o in colorate nebulose, in cui si intravedono stelle. Sempre sospeso su un preciso limite in cui è strano come sembra essere semplicemente felici e ancora più semplice confondere tutto. Un progetto spontaneo il suo dalle possibilità infinite che richiama attraverso i fiori i momenti più importanti della vita di un individuo: nascita, innamoramento e (inevitabilmente) morte. Impossibile rimanere distaccati e non socchiudere gli occhi davanti a questo tripudio stonante profumato e non augurare tutto il meglio possibile a Paride Mirabilio, artista digitale ‘in fiore’. Fernendo Nevruz

You’re like a rose, rose…fallow rose. … Continua a leggere →

DECISO, POCO DONDOLANTE E DIFFICILE A MANOVRARSI. LO STATO DI BEATRICE PUCCI.

Tutto parla di te

Rintanata in uno studio vicino alle montagne, Beatrice Pucci è disegnatore, scenografo, regista di animazione ma soprattutto creatore – animatore. Ma più di tutto la Pucci è un’incantevole anima “antracite” di pupazzi, che ama caricare i toni senza alcuna smanceria in stop motion. I pupazzi (di svariate forme e dimensioni varie) non hanno fili e, al contrario delle cugine marionette, non hanno strategie sclerotiche da perpetuare fedelmente all’infinito. Inevitabile, infatti, il suo incontro con Pinocchio e con la vecchiaia.

Imago Teste

I fantocci, si dice, non hanno espressione, ma le creature dell’artista sono caricate di energia e di tutto un allibito sentimento che Beatrice Pucci riesce ad infondere. Questi esseri difficili a manovrarsi dalla sfigurata essenza si muovono con un linguaggio più vicino alla danza, in modo diretto e senza bugie. Gli spazi concreti (delle istallazioni) filmati dall’artista sono come delle case di bambola inabitabili, così vicine alle nostre case di uomini e così ferme e oscure. Il tempo delle opere della Pucci spegne il congiuntivo nel dare forza al condizionale, la magia dei fantocci si ottiene solo attraverso alcune congetture.

Soil is alive

Questi mostri di lattice, plastilina, ferro e ovatta sono totalmente in antitesi con il loro significato: i pupazzi della Pucci hanno carattere, son ben poco dondolanti anzi a dire il vero non stanno mai, come i ricordi, ben fermi. Sono protagonisti – spaventapasseri spezzettati sbilenchi che tengono lontane le paure fondate e non sono mai veramente brutti, neanche malvestiti, ma sempre un po’ magri e dinoccolati. Hanno occhi stralunati, con la testa annerita e gli arti sottili, sono incantati e incantevoli e non troppo cupi gli abitanti dei mondi che l’artista compositore costruisce in completa solitudine, frame a frame.

Imago

In questa configurazione Beatrice sembra amare tutti, uomini e donne, ed essere anche costantemente innamorata dell’amore. Pedine autonome di grande importanza, simpatici emissari di senso. Putroppo ci si ferma un attimo soltanto a guardarli, niente paura son solo pupazzi, e si passa oltre, e loro son lì a sgranare gli occhi su tutta l’oscura visibile bellezza del mondo.

Tutto parla di te

http://www.beatricepucci.com/
Nel 2012 ha collaborato con Alina Marazzi per il film: “Tutto parla di te” realizzando un corto animato.
Appena conclusasi la mostra con i suoi disegni alla collettiva: “Il mucchio selvaggio parte III”, presso D406, Modena.
Fernendo Nevruz

 

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L’ORLO DI RIVA

Chissà quali sono le logiche ignote che spostano questo emiliano che risponde al nome di Denis Riva in provincia di Treviso, forse in fuga dalla monotonia per rifugiarsi in una natura (apparentemente) silenziosa, può darsi che i salti enormi delle rane gamberellone abbiano tutto un loro senso o che le lepri marzoline non siano così matte per correre all’impazzata. Sono esilaranti anche gli uccelli trasportatori con forze eccezionali e zampe fragili trascinare via enormi pesi con fiero ardore.

Tutti questi paesaggi del Riva sono divertenti e molto umani, abitati da buffe ombre che si immaginano apparire quando ancora non si è completamente svegli, quando si sta al bordo del letto e la luce non è forte. Sono macchie non sempre previste e si parla sempre di un viaggio, un trasporto, un percorso, un movimento goduto, un amplesso lento, duraturo e feroce. I cani, gli schizzi, i galli imperiosi tutto che parla di una lontananza a cui si può e si deve tornare, da anelare con cura. Questa solitudine preziosa da conservare, sopportare per poter stare davvero vicini. Sa di legno e di concretezza l’opera dell’illustratore e musicista Riva.

Il lievito sopra le carte stropicciate incollate, dipinte e bagnate che aspettano sempre qualche folata di vento o una bella tempesta per esser spazzati via. Un mondo perduto, raccontato con delicato mistero, un mondo di relazioni che non esiste quasi più ma di cui si sente spesso una dolce nostalgia. Recede di continuo una parte del lavoro di Denis Riva, si tratta di un crinale sottile dove un incendio costante porta materiali in sospensione.

Una visione del mondo antichissima e moderna in cui l’autore appoggia tutte le sue composizioni, sostenendole in modo indiretto manifestando così tutta l’ineffabilità della natura. Avevamo creduto di trovare una sponda, di avere un cane, un rifugio, di poter (almeno) contenere dei bisogni. Nulla di più errato.

In mostra con Antonio Cervasio “Magie (in)utili” Loft gallery, Corigliano Calabro, CS, fino al 20 luglio 2014.
E nella personale “Cambio di Muta” presso il NSDC Dolomiti Contemporanee, Erto e Casso, PN, fino all’11 luglio 2014.

Fernendo Nevruz

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TUTTO IL NERO DI ALICE

Alice Colombo in modo mai trascurabile ritaglia, scompone e assembla tutte le sue immagini oscure di infiniti dettagli. I suoi collage sono come fratture, lussazioni, visioni (mai trascurabili) prodotte indiscutibilmente da emozioni profonde. Le sue opere sono l’ultima frontiera della feroce adolescenza. La tecnica mista dell’autrice si appoggia e nasce su piani di carta gigliata e, da qualche anno, dal nero assoluto che incornicia, bagna, scompiglia queste carte così meravigliosamente apparecchiate.

La Colombo, giovane quanto audace, è come un chirurgo navigato: taglia, separa, cuce e sistema. In questi ambienti è impossibile trovare delle cicatrici, perfino negli inevitabili riflessi (o ribaltamenti) l’artista non conosce la deturpazione. Figure di fanciulle si ripetono, in equilibrio, perdute quanto spaesate in paesaggi solo in parte impossibili che risuonano di oggetti antichi e quotidiani dalle forme rassicuranti. Figure femminili collegamento diretto dell’intimità dell’artista, appaiono risolute e volitive in collegamenti allentanti e quasi invisibili. Gli alberi, la natura, gli animali dissolvono gli schermi televisivi fino a renderli trasparenti e inutili.

Un mondo decantato al contrario senza più specchi da attraversare, con cornette telefoniche desuete a cui manca il corpo, il centro. Sogni, bisogni, senza sovrastrutture di pensiero privi di presunzione. Proporzioni sballate che in modo sottile danno vertigine. Strutture grafiche ardite quanto semplici. Un’assenza, un nero dolore a controbattere questo incanto, tutta questa malcelata poesia. La dimensione netta e tagliente del buio capace di sostenere questo universo tanto accecante. Vola a planare Colombo, lo specchio Alice si è finalmente frantumato e con coraggio, forza e determinazione tutto questo senso di disperazione e vuoto non lascia mai filtrare l’oblio ma crea condivisione, cura e pensiero.

In mostra alla collettiva “Niente è come sembra” presso la Galleria Doppia V, Lugano fino al 10 giugno 2014.

Fernendo Nevruz

 

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HO VISTO LE BALENE

Balena della Groenlandia e acropoli con cuore sacro

Andrea Collesano è un artista liquido, uno capace di imporre le sue visioni con gentilezza. I suoi lavori sommergono accarezzano e oltrepassano. Quale tecnica più opportuna della sua china quasi indelebile per raccontare la fauna e il mare con una carta lavorata sapientemente a mano e mai uniforme. Ho visto le balene ho voglia di gridare tutto questo variegato universo. Figure animali appese nel cielo, nuvole fluttuanti di ispirato desiderio.

Scheletro di balena in compagnia

Ingoiano acqua e trattengono questi enormi cetacei non solo il fiato ma, data l’età, sicuramente anche tutta la memoria del mondo. Collesano con attenzione si immerge nelle profondità e segna. Il capodoglio, questo animale cosmoforo gigantesco, forte e vigoroso, rotondo e antico sostiene (chissà per quanto tempo ancora) tutto a partire dal mondo delle idee. L’animale mai completamente addormentato respira fuori sospeso e sempre in ottima compagnia: polpi, meduse trasparenti, impettiti cavallucci marini, lunghissimi serpenti appena appena attorcigliati e cuori sofferenti e tante chiavi senza toppa.

Balena franca boreale Gabbiano e Chiave

La balenottera azzurra, non più mostro letterario, è un ponte di significati attesi. Sono mostri di un mondo misconosciuto sfiorato a malapena dal sub e dal pescatore rispettoso. La figura umana, grande assente, nei lavori di Collesano è forse ingoiata protetta dalle immense creature o più facilmente scomparsa perchè trascurabile e invadente, perfino il paesaggio è appena tracciato in sottili scogliere. In lontananza si intravede, qualche volta, un faro. Le carte del Collesano, per quanto accurate, non sono semplici illustrazioni naturalistiche, conservano solo il fascino discreto delle forme viventi. Sono carte che corrompono piacevolmente il tempo spezzandone i limiti, le convenzioni e i confini.

Balena, cavalluccio del mare, otto chiavi e faro

Le opere dell’artista sono totalmente prive di banali indicazioni di significato, della scoperta possibile di un qualsiasi tesoro. Sono delle mappe esse stesse tesoro. Immagini soavi da portare sempre con sé, sulla pelle e all’interno come un cerebrale tattoo. Queste mappe sono dei talismani preziosi: enigmatici incantesimi senza gravità. Carta disegnata a china, anticamente marina, in cui si apparecchiano trasformazioni ancora a venire. Una benedizione amorosa che non si può e non si riesce a spiegare del tutto ma decisamente visibile agli occhi.

Medusa e chiavi

http://www.barbarapaciartgallery.com/

In mostra alla OFF – Brusselles Contemporary Art Fair, dal 25 al 28 aprile 2014 con “Bestiario contemporaneo”, Bruxelles, Belgio.

Fernendo Nevruz

I saw the whales. … Continua a leggere →