SETTE MAGAZINE EN VOGUE COME SI TRASFORMA LA PASSERELLA IN EVENTO

Fashion shows have become performances, live “narratives”. Yesterday unvarnished fashion walked the runway; today, set-up, music, lights and even invitations immediately introduce in the collection’s mood. Years ago all designers modeled in the Fair’s old location: the same halls, white walls, chairs and catwalks. Dolce & Gabbana were among the first to change location. In 1995, still in the old one, they displayed damasked for men: the idea of buying and restoring the old cinema Metropol wasn’t in their projects yet. Today, thanks to the magnificence of a (ex) movie theatre changed, by necessity, into a hall inspired by Visconti, that mediterranean romanticism is celebrated with a much more affecting intensity. Opposite feeling at Prada, able to surprising intuitions: every season her space changes scenography, and every time is a surprise: nothing shines through, not even from the invitation. In 2011, when she changed her fashion’s direction suggesting bright colours, a catwalk made of steel tubes and lighted up by neon lights. Two examples of excellence, totally opposing and totally brilliant. Above, from left, an outfit by Dolce & Gabbana (from Bazaar Uomo, 1995; ph. Rennio) and one by Prada (from max, 2011; ph. Tesh).

RIVOLUZIONE BORGHESE?

Quando il mondo cambia, mutano costumi e stili di vita e, di conseguenza, si modifica anche il modo di vestire. Il paletot nasce nel quadro di una duplice rivoluzione storico-sociale-economica: da un lato l’affermazione definitiva, in particolare nell’Impero britannico, di un nuovo ceto produttivo; dall’altro, in Francia, l’ascesa al potere del Terzo Stato. In questo contesto, il cappotto maschile risulta da un somma di fogge e funzioni d’uso: quelle della marsina settecentesca – nelle declinazioni sobrie predilette dalla nuova classe in crescita – e quelle dei pastrani militari in ruvido panno della Grande Armée napoleonica. Sintetizzando, la natura del capo si manifesta nell’allungamento della marsina e nella trasposizione nel vestire civile delle potenzialità di un indumento da guerra, in primis la capacità di proteggere dal freddo e dalle intemperie. Il debutto in società del cappotto ha il sapore di un exploit. Ne sono protagonisti gli “incroyables” – così erano chiamati gli esponenti di un movimento caratterizzato da un lusso estremo ostentato e da stravaganze esibite nell’abbigliamento e nella condotta di vita – che negli anni della Rivoluzione e del Direttorio considerano un dovere “l’essere alla moda” senza per questo estraniarsi dal cambiamento. E’ forte la volontà di esasperazione: vita strizzata al massimo, falde che sfiorano il suolo, risvolti esagerati che lasciano in bella vista il collo della camicia rialzato e fermato da chilometriche cravatte a nastro. Pochi decenni dopo anche per il cappotto giunge la Restaurazione. Rappel a l’ordre! Decoro e rigore sono diktat imprescindibili. Il paletot ora va bene anche per il Principe von Metternich, i banchieri di Londra, i ministri dello Zar.

Il capo nato di recente entra nella casistica dell’abbigliamento formale dell’epoca industriale. Senza mai più perdere né ruolo né prestigio, neppure quando le società avanzate diventano post-industriali e la globalizzazione abbatte ogni frontiera.  Sostanzialmente misurato nella conformazione, il cappotto viene declinato in tutte le tipologie di lana, dalle più pregiate – cachemire, vicuňa, mohair, cammello, alpaca – sino al panno e al feltro, più accessibili, oppure al tweed, disinvolto e sportivo, mediato dalle consuetudini della “gentry” anglosassone. Si aggiungono il velluto – che conquista il primato per i modelli da sera e la pelle – mai veramente amata dai borghesi doc – ma resa lugubremente iconica dai totalitarismi del ‘900. E’ imperativa la sobrietà della palette cromatica. Sono di prammatica le tinte dense ed intense, rassicuranti e virili. Come accade per l’abito, le superfici del paletot si animano di tutte le fantasie al maschile alternative all’unito. L’unico elemento che esula dalla severità è il collo, se non l’intera fodera, in pelliccia: non certo per concessione alla stravaganza, piuttosto per manifestazione di agiatezza. Con i Roaring Twenties, si attenua l’obbligo della moderazione formale. Il paletot acquista volume, si allunga, i rever tornano ad essere importanti. Con qualche micro-variazione, questa configurazione resiste sino al secondo dopoguerra. Solo con l’imporsi del “Mad Men Style”, il cappotto si riavvicina al corpo, perde centimetri in lunghezza e ampiezza, per poi recuperarli negli anni ’80, nel segno dell’edonismo. Il presente del cappotto è il presente della moda Uomo: non più tendenze impositive che cambiano da una stagione all’altra, semmai pluralità di proposte tra cui orientarsi in base al gusto o alla necessità. E ancora: attenuazione delle barriere tra formale e casual, avvicinamento alle altre tipologie di “outerwear”, ottimizzazione tecnologica nella resa materica e nella vestibilità. Giorgio Re

 

When world changes, habits and lifestyle change too and, consequently, the way of dress. … Continua a leggere →

M 2006

2006: it was the “vinyl year”. Prada launched the trend and it was immediately cool. Photo by Johan Sandberg.

SCHEMA LIBERO GRIGIO-AZZURRO

Grey-blue. The nostalgia for one-time Milano is a generation vice, doomed to be handed down forever. Today’s twentysomething will say the same thing repeated by nostalgics now. Who was twenty between Seventies and Eighties regret a Milan that doesn’t exist anymore (“how fine we felt, how nice it was”). Actually, they regret having lost their youth; Milan’s energy was a projection of adolescence, it was not true. There was both cultural and political unrest, but dont’ forget that they were the so-called “Years of lead”. Today it’s more beautiful and liveable than once even if it remains a hard city: you can love or hate it, there’s nothing in the middle. Maybe “it doesn’t laugh and have fun anymore”, as Lucio Dalla sang in his ’79 piece, but it’s almost ready for Expo, peripheral areas have become beautiful and new glass buildings look like shining rockets pointed towards the future. The new Milan is grey-blue. Fast and glossy more than ever. Work in progress for Milan Expo.

ABOUT HAIR

Foto Luigi Miano
A cura di Gioele Panedda
Styling Carlo Ortenzi
Grooming Astor Hoxa using Shu Uemura Art of Hair
Modello Dutty Wruck @Elite

  

Clicca sulle immagini per ingrandirle