FOCUS ON…KNITWEAR

 

 

La maglieria di quest’anno é “materica”: filati grossi, trecce, intarsi; ruba le lavorazioni e i disegni agli aran irlandesi e allo stesso tempo strizza l’occhio al gusto etnico. Il knitwear  diventa protagonista del look senza alcuno sforzo. Negli scatti, realizzati in esclusiva per The Men Is ue, lo scollo a V, il girocollo, il dolcevita, trovano una dimensione soft, quasi intima: la maglia preferita come un cocoon dentro il quale affrontare l’inverno.

Foto di Letizia Ragno

Styling e testo di Angelica Pianarosa

Modello Dustin @ Fashion

Nelle foto, da sinistra in senso orario: dolcevita in lana, Isabel Marant pour H&M; maglione in lana a V, Luca Larenza; maglione in lana con fantasia geometrica, Moncler; maglione girocollo in cashmere, Gucci.

STYLE MAGAZINE 2008

Top model Gordon Bothe in one of his very first shootings. At that time the legendary Jesse James was brought to the big screen again, interpreted by Brad Pitt. For this shooting, Giovanni Gastel starts to work with a different attitude in menswear: motion, lights/shades in black and white. He leaves behind a more static image and approaches – very well – Fashion, not only classic wear. Waistcoat by Fendi, trousers by John Richmond.

SCHEMA LIBERO PHOTO GRANDEUR

Photo grandeur. If we’d like to tell a story about fashion and people that represent it, choosing only one picture for every great photographer from the early years of ‘900 till today, probably the pages of this issue won’t be enough. The common denominator would be the simplicity; a white or grey background, clean or rarefied lights and shades, the absence of props: only gazes, faces, expressions, style, light, intensity, fashion, attitude. In location pictures, or in en plein air ones, was and still is the subject the element that “arises”: just look at portfolios of Louise Dahl-Wolfe and Norman Parkinson. In their shots, landscapes were often neutral, “nowhere”, as it’s used to say in fashion photography. The skill of the photographer, first of all, and then of styling and grooming, accents the most eccentric fashion up to the masterpiece. Among the photographers in which I believed first there’s Johan Sandberg: his obsession with the research of the “perfect” light make him a master of photography. Style 2007, the top model Patrick Petitjean in Gaultier, picture by Johan Sandberg.

 

SETTE MAGAZINE EN VOGUE I NUOVI CODICI DELL’ELEGANZA MASCHILE

The new rules of male elegance. Andrea Incontri is a fashion designer who’s going to be increasingly well-known. His menswear mainly consider two elements: sportswear and classic-formal clothing; two features that merge each other in total harmony and give birth to a new menswear’s thought, very characterised, that is met with great approval by who wants to find – in a collection – comfort, personality and tradition, even if with the right amount of fashion. “In my collections there’s always a combination of classic and sport”, and infact the parka in the picture on the right is made of a “writing” fabric, that is the folds form a graphic sign that draw the garment, but the manufacture is clearly traditional: “Cuts are rigorous and sartorial, but fabrics are waxed, inspired to a open-air life”. Other looks, instead, are more suitable for a “more dynamic lifestyle, quick in choosing what to wear but always careful to a precise elegance code”. Just like the wonderful jacket made of bouclè wool, matched with bermuda shorts and heavy socks (on the left)? Isn’t it a risky suggestion for winter? No, it’s not, if we think that designers collections are sold all over the world: in London, for example, a man who walks around dressed like this is not strange at all, neither when it’s 5°. Maybe in Italy we’ll buy only the jacket: I will do. Andrea Incontri fashion show, f/w 2013 collection.

VANITA’, IL TUO NOME E’ UOMO

Quando, nei secoli più bui del Medio Evo, gli abitanti di mezza Europa vedevano profilarsi all’orizzonte i drakkar – le agilissime navi vichinghe – cariche di uomini irsuti vestiti di pellicce di orso o di lupo, indubbiamente potevano focalizzare le loro menti su qualsiasi cosa fuorché sul concetto di vanità maschile. Sono passati oltre mille anni ed il rapporto tra uomo e pelliccia si è sviluppato, articolandosi in infinite valenze, senza accantonare quella primaria: coprire il corpo e riscaldarlo. In verità, nell’abbigliamento al maschile come in quello femminile, la pelliccia ha sempre giocato una pluralità di ruoli. Ha rappresentato il lusso, il desiderio di opulenza e di ostentazione, il compiacimento per la vanità e lo sfarzo. Soprattutto, ha messo in evidenza il potere di chi la indossava sino alla regalità, tramandando costantemente la sua simbologia, come un vero fil rouge che ha percorso ogni civiltà. I sovrani egizi, babilonesi, persiani, inca, maya, aztechi, gli imperatori romani prediligevano il vello degli animali più esotici, non di rado dei grandi felini – simbolo di forza ed invincibilità – utilizzandolo persino per adornare i loro cocchi. Nelle città rinate dopo l’anno 1000, mentre si affacciava al potere la nuova classe proto-borghese, proliferavano le leggi suntuarie per limitare l’ostentazione da parte dei nouveaux riches. Anche la pelliccia era chiamata in causa, secondo regole precise che ne stabilivano tipologia e metraggi permessi in base al rango e al censo. La rivoluzione puritana di Cromwell in Inghilterra e le riforme calvinista e luterana nell’Europa centrale, hanno cambiato le carte in tavola: rigore e sobrietà assurgevano a valori etici assoluti.

Non per tutti, certo. Il clero cattolico e, soprattutto, l’aristocrazia, si sono auto-esentati dal rispetto di questa nuova morale. La storia dell’arte dell’era moderna è costellata di ritratti di re ed imperatori ammantati di pellicce: da Enrico VIII a Luigi XIV, le Roi Soleil, da Napoleone I a Ludwig II di Baviera. L’affermarsi dell’economia industriale ha rappresentato un’ulteriore svolta. Il ceto produttivo ha saldamente raggiunto il vertice del nuovo ordine sociale, rendendo superflua la necessità di dimostrarlo smaccatamente. La pelliccia, era più che sufficiente per i dettagli, o per gli interni. Solo i grandi magnati – Rockfeller, Vanderbildt, Krupp – continuavano ad osare la pelliccia intera. Oppure i dandy. Come Gabriele D’Annunzio, che completava le  “uniformi” di sua creazione con elementi di uno sfarzo pari a quello dei potenti boiardi dell’epoca di Ivan il Terribile. Oggi la pelliccia ha ritrovato appieno il suo ruolo e lo può vivere con una libertà prima impensabile. Sostanzialmente per tre ragioni: ha finalmente smesso di essere uno status symbol; non è più chiamata a rappresentare il potere; l’innovazione tecnologica l’ha resa infinitamente più duttile, facendone un materiale privilegiato per ogni tipo di sperimentazione. Rovesciando un ordine millenario, è diventata manifestazione di ribellione e di stravaganza insieme: l’hanno indossata Jim Morrison, Elton John, Liberace. Oppure di disinvoltura. Già a metà degli anni ’50 Re Olav di Norvegia – il “Re del popolo” che raggiungeva le piste da sci in metropolitana, come tutti gli abitanti di Oslo – nel tempo libero indossava una pelliccia non tanto dissimile da quelle dei sui antenati predatori. Understatement scandinavo e royal chic. Giorgio Re

 

Vanity, your name is Man. When, during the darkest centuries of the Middle Age, … Continua a leggere →