Alessandro Calascibetta has been active in fashion since the late 80s. He started off his career at L'Uomo Vogue, after that with Mondo Uomo. Afterward, he became Fashion Director at Harper's Bazaar Uomo, and in 2000 founded Uomo which he directed until 2003. Following that, he started collaborating with Rizzoli. Since january 2015 he is the Editor in Chief of Style Magazine, and still remains as Man Fashion Director for Io Donna and Sette.
UNPUBLISHED 2014
Test-Portrait of Luca Argentero shot by Rankin during the making of STYLE FASHION ISSUE #1. Styling Alessandro Calascibetta; the grooming by Johnnie Biles is inspired by the hairstyles of Rodolfo Valentino. Lardini total look.
FANTASTIC PLASTIC & CO.
Plastica et similia: poliuretano, poliestere, nylon, lycra, vinile, sky… A partire dalla metà del secolo scorso una delle grandi sfide della moda, è rappresentata dal ricorso ai materiali che la tecnologia ha saputo inventare o ripensare, affiancandoli o sostituendoli a“quelli di sempre”, quelli che solo Madre Natura può fornire agli umani per coprirsi, scaldarsi ed anche adornarsi. La ridefinizione della materia, acquisisce in meno di un secolo una velocità infinitamente superiore di quella che ha conosciuto nei secoli precedenti. In concreto: in pochi decenni la moda si è ritrovata a disporre di una gamma di materiali incredibilmente più ampia, sfaccettata e stimolante rispetto a quella con cui dovevano cimentarsi i creatori di un tempo, con un vantaggio incommensurabile per la creatività del presente e con un riflesso determinante sul modo attuale di concepire il vestire. Il processo di innovazione materica applicato all’abbigliamento prende il via quasi sempre dal bisogno di funzionalità. Un bisogno spesso legato ai momenti piacevoli dell’esistenza, come lo sport o le ore passate all’aria aperta. Da un area decisamente avanzata in fatto di tecnologia, quella anglosassone, una parte di mondo contraddistinta da condizioni climatiche abbastanza parche in quanto a sole, giungono non pochi capi divenuti in breve leggendari, caratterizzati dall’uso dei materiali elaborati dall’industria – o meglio, dalla chimica applicata alla produzione industriale – non di rado sommati e accoppiati a quelli naturali. L’obiettivo, semplificando al massimo la questione, è quello di poter fare sport e starsene fuori casa anche con il brutto tempo. Da questa esigenza nasce, per esempio, il giaccone Belstaff, applicando uno strato di poliuretano al cotone e rendendo quest’ultimo impermeabile, così che dagli anni ’20 del secolo ventesimo, si può praticare il motociclismo infangandosi finché si vuole, rimanendo all’asciutto e proteggendosi dal vento. Esattamente per la stessa ragione raggiunge in breve un successo planetario il blouson conosciuto come G9 Baracuta, che unisce invece cotone e poliestere, immortalato da figure come Steve McQueen, James Dean, Paul Newman, tanto da divenire un simbolo del vestire libero e disinvolto. E poi, nella medesima scia, arrivano il k-way, il parka, l’eskimo… Purtroppo però, il ragionamento sulla natura sempre in progress della materia è legato anche ad occasioni meno felici e di certo meno nobili. E’ inutile nascondere che la guerra sia, tra queste occasioni, forse una delle più incisive. I Paesi più avanzati, come gli Stati Uniti, quelli in cui gli investimenti in fatto di armamenti hanno sempre costituito una voce di rilievo, come l’Unione Sovietica di Stalin, oppure quelli avvezzi a temperature proibitive, come la remota Finlandia, nel secolo passato hanno voluto o dovuto prestare grande attenzione all’ottimizzazione tecnologica dell’abbigliamento da combattimento. In questo contesto decollano, la messa a punto e l’utilizzo generalizzato del nylon. Sono di nylon imbottito le flak jacket, i giubbotti antiproiettile che la U.S. Army utilizza durante la Seconda Guerra Mondiale, in Corea, in Vietnam. E sono di un rudimentale materiale sintetico, anch’esso imbottito, le tute anti-gelo grazie alle quali, alle porte di Mosca, l’Armata Rossa ferma la Wehrmacht tedesca, meglio armata e soprattutto molto meglio organizzata. Sono del tutto simili le uniformi d’inverno del piccolo, ma tenacissimo, esercito finlandese che per ben due anni, tra il 1939 ed il 1941, tiene testa ai Sovietici, finendo per soccombere solo per clamorosa inferiorità numerica. Va detto però che nylon e consimili possono riscattare il loro iniziale impiego non proprio disinteressato negli sport: nell’alpinismo, nello ski, nell’automobilismo. Arrivando a tempi meno duri, si arriva anche all’uso, per così dire, fine a se stesso dei materiali “inventati”. Sono gli anni dello Sputnik, quando ci si immagina l’uomo del futuro vestito con tute di plastica e/o di metallo. Sono gli anni della ridiscussione delle barriere tra maschile e femminile, della trasgressione, dell’immaginazione al potere, della rivoluzione di un ordine costituito borghese del ben vestire vecchio ormai di quasi duecento anni, preso a picconate, tra le altre, dalle esperienze di Courrèges e di Cardin. Una rivoluzione che, ci si augura, continui a dare i suoi frutti. Da assaggiare con il dovuto libero arbitrio di cui ognuno di noi, essere pensante, è dotato. Giorgio Re
Plastic and co.: polyurethane, polyester, … Continua a leggere →