ARTE

WOUTER KLEIN VELDERMAN – SQUADRON ME

Wouter Klein Velderman

Wouter Klein Velderman utilizza, per le sue sculture ed installazioni, materiali e temi che hanno spesso un collegamento con il mondo industriale. Metallo, PVC e legno sono gli elementi che l’artista sceglie per rappresentare temi come trasporti e mobilità. Anche se i soggetti tendono ad avere un carattere industriale, le sculture di Klein risultano vulnerabili, delicate e raffinate. L’artista olandese presenta a Milano presso la galleria Spazio Borgogno la mostra personale: “Squadron Me”. In questa esibizione Wouter presenta tre famiglie di nuovi lavori: Revolting Mass, Squadron Me e Now It Can Rain. Revolting Mass è formato da tre riproduzioni di aerei da combattimento della Prima Guerra Mondiale che formano l’opera. Benché questi reperti storici abbiano già un centinaio di anni, sembrano essere più attuali che mai. Se si estende la linea temporale dalla comparsa di questi strumenti di distruzione di massa fino ad oggi, ci accorgiamo di essere di fronte a moltissime situazioni politiche complesse, in ogni parte del mondo, in cui essi sono tuttora protagonisti indiscussi. Klein Velderman inserisce una sua tipica bizzarria nell’installazione Revolting Mass, costringendo questi aerei da combattimento alle strutture della galleria utilizzando la tecnica del bondage . Questa azione ambigua non li sottopone meramente alla suggerita dominazione propria di questa antica arte giapponese ma ne evidenzia la bellezza plastica in contrapposizione al processo decostruttivo da lui utilizzato nella realizzazione di questi veivoli. Un analogo processo distruzione/ricostruzione ricorre nelle opere della serie Now It Can Rain. Si tratta di teli impermeabili di copertura per tir e camion che, tagliati a mano, intrecciati e ricuciti seguendo un metodo rigoroso, attenuano il loro carattere industriale arricchendosi in questo prezioso processo rigenerativo. Squadron Me è una serie di nuovi collage basati sui disegni degli emblemi della squadriglia di appartenenza che ciascun pilota di un aereo da caccia ha cuciti sulla giacca indossata in missione. Tutte insieme, queste immagini costituiscono un immaginario ritratto di squadroni da combattimento schierati dall’inizio della storia aeronautica fino ad oggi. Guarda le opere della serie “Squadron Me” aquistabili su Kooness.com

Wouter Klein Velderman – Squadron Me 26 Novembre 2015 – 9 Gennaio 2016, presso Spazio Borgogno, Ripa di Porta Ticinese 113, 20143 Milano

The materials and themes that Wouter Klein Velderman uses … Continua a leggere →

LIU BOLIN – L’ARTE DEL MIMETIZZARSI

Design - Fashion courtesy BoxArt Gallery

 

Liu Bolin è un artista cinese che crea opere molto interessanti combinando Arte, fotografia e protesta. Nelle sue performance di mimetismo, l’artista si fa ricoprire di vernice per dissolversi perfettamente nello sfondo delle ambientazioni delle sue fotografie. Per creare queste opere l’artista spesso sceglie luoghi in qualche maniera collegati con i simboli della Rivoluzione Culturale cinese, o che evocano gli immensi cambiamenti avvenuti nel paese dopo la caduta del regime di Mao Zedong.

Il team di Kooness.com ha intervistato Liu Bolin a proposito del suo ultimo lavoro “Migrants”, dove l’artista pone l’attenzione sul’attuale situazione dei flussi migratori e sui rifugiati.

 Nonostante la giovane età hai un grande percorso artistico alle spalle, ci racconteresti le varie fasi della tua attività di artista e come sei approdato all’ultimo lavoro sui migranti? Ho cominciato a realizzare le opere fotografiche, confluite poi in nella serie “Hiding in the City” nel 2005. Fin dall’inizio ho previsto che il mio corpo venisse colorato con gli stessi toni e sfondi dell’ambiente circostante, in modo che, da una certa angolazione, scomparisse nel panorama alle mie spalle. L’impulso primigenio è stato la ribellione nei confronti delle autorità, che stavano demolendo il mio studio. E’ nato così il primo nucleo di quella che sarebbe divenuta una serie. La rabbia che provavo mi ha spinto a mimetizzarmi tra le macerie del villaggio e a diventarne parte. Nel silenzio credo di essere riuscito a dire molto di più che con azioni rumorose. Da quell’evento tragico sono iniziate le serie dei miei lavori in cui mi nascondo nelle città. Poco dopo mi sono deciso a proseguire in quella ricerca, che descriveva la mia vita, il mio destino, ma aveva anche tanti punti in comune con la vita degli altri. Constatavo tra la gente che molti dei dubbi e degli interrogativi che mi ponevo io, erano condivisi da tutto il popolo cinese. E non solo. Successivamente, quando ho avuto l’opportunità di viaggiare all’estero per i miei progetti, mi è capitato di visitare tra i primi luoghi l’Italia, dove ho ritrovato, sorprendentemente, nella quotidianità di questo paese, le medesime incertezze e disarmonie. Attraverso le mie opere io cerco perciò di sviscerare queste contraddizioni dell’uomo contemporaneo, e di indagare nel profondo il rapporto tra la civiltà creata dall’uomo e l’uomo stesso. Il progetto dal titolo “Hiding in Italy” nasce dunque come declinazione italiana della più ampia serie di scatti di performance “Hiding in the city”. Il mio recente lavoro “Migrants”, sempre in collaborazione con Boxart, la galleria italiana che mi rappresenta, ha come obiettivo una riflessione sui flussi migratori. Non è un tema facile, esprime il costante bisogno umano di migliorare la propria condizione.

Le tue opere sono il risultato di un lungo processo di ricerca e organizzazione, ci potresti descrivere il lavoro che c’è dietro i tuoi scatti e quante persone sono coinvolte? Ho fatto diversi sopralluoghi tra Lampedusa e Catania. Poi, attraverso il valido aiuto della Comunità di Sant’Egidio di Catania siamo riusciti a coinvolgere decine di giovani migranti dal C.A.R.A. di Mineo e da altre strutture di Bronte e Giarre. Tutti provengono dall’Africa, da paesi diversi: Nigeria, Senegal, Burkina Faso e altri. Grazie a questa collaborazione ho deciso di ospitare più persone nello scatto: quattro opere sulle sei eseguite appartengono dunque all’evoluzione del mio lavoro, ovvero alla serie “Target” (“Bersaglio”), in cui scompaiono più figure nello sfondo. Ho iniziato “Target” tre anni fa con l’opera “Cancer Village”, per denunciare che lo sviluppo economico in Cina ha come risvolto negativo l’insorgenza di gravi malattie, a causa di un ambiente nocivo per i cittadini. Stavolta, in Sicilia, ho voluto affrontare i problemi dei migranti africani. Le tensioni politiche hanno provocato dei flussi migratori tra Africa ed Europa e il conseguente fenomeno dei rifugiati. Questo argomento a me interessa molto, è una vera tragedia umanitaria. Attraverso lo sfondo dei miei lavori in Sicilia, in particolare i barconi al Porto di Catania, voglio sensibilizzare maggiormente la gente su questo problema.

 Negli ultimi anni il fenomeno dell’online è entrato a fare parte di molti settori, ultimamente anche il mondo dell’arte contemporanea sta vedendo nascere molti fenomeni volti alla diffusione e promozione di questo mondo, cosa ne pensi? Io stesso sto lavorando ad una nuova serie che si intitola “Hacker” in cui sostituisco sui siti governativi le foto di luoghi-simbolo del potere con le medesime immagini, in cui però all’interno sono nascosto io. La mia vuole essere una riflessione sulla comunicazione contemporanea; nell’era di una intensa virtualizzazione, voglio esplorare ciò che rimane reale. Infatti, in questa serie non sono più l’uomo invisibile, ma tengo in mano una lampadina, simbolo dell’ingegno e del pensiero umano. Siamo all’inizio di una nuova era, l’Età del network. Io cerco di essere un artista-informatore che cerca si aumentare la consapevolezza delle persone circa il potere delle immagini. C’è sempre un significato più profondo di un’immagine, che mette in discussione l’anima umana e lo spirito. In questa nuova serie sfido il potere delle immagini cambiando quelle originali. E’ un tentativo di iniziare una guerra contro le immagini.

Scopri le opere di Liu Bolin presso la Galleria Boxart qui

LIU BOLIN – THE ART OF CAMOUFLAGE

Liu Bolin is a Chinese artist that creates compelling works combining Performance Art, photography, and protest. In his Camouflage Performance works, … Continua a leggere →

ANGELO BRESCIANINI – A FERRO E FUOCO

N.5 spari di fucile Calibro 12

Angelo Brescianini è un artista poliedrico e un innovatore, che ha fatto della ricerca continua e della contaminazione fra i generi l’elemento caratteristico del suo personale linguaggio. In più di trent’anni di attività, non ha mai smesso di sperimentare, dimostrando con naturalezza la possibilità di compendiare nell’opera elementi propri dell’artigianalità e delle tecniche di produzione industriale, del design e delle più complesse ricerche pittoriche e plastiche. Proprio dall’evoluzione di queste ricerche, nascono le sue “Espansioni”, particolari opere realizzate sparando con fucili, pistole e altre armi da fuoco, che egli definisce  i miei pennelli”. Brescianini riesce a realizzare, sparando contro piastre d’acciaio, superfici estroflesse in grado di “catturare la luce, creare dilatazioni visive ed espandere il riflesso deformato dello spazio circostante. Le sue opere, come scrive Antonio Falbo, che ne è stato lo scopritore, “divengono quasi metafora del vuoto, dell’attesa e della provvisorietà delle cose. Attraverso zone arcane, si stabilisce in esse un sentimento di attesa, che si interroga sulle ragioni del ritmo e della compiutezza convenzionale”. L’uso di supporti rigidi come l’acciaio e il “disegno” a punti realizzati con proiettili sparati fanno della ricerca di Brescianini una radicale proposta, che oltretutto riscatta l’uso delle armi, trasformate da strumenti di violenza in mezzi creativi. Fino al 24 ottobre presso il MAON, Museo d’arte dell’Otto e Novecento di Rende (CS), sarà possibile ammirare la mostra ANGELO BRESCIANINI / A ferro e…fuoco a cura di Salvatore Falbo e Roberto Sottile. Questa rassegna precede le mostre che vedranno l’artista protagonista di importanti appuntamenti al Lattuada Studio di Milano, nel mese di novembre, e successivamente a New York, Londra, Miami, Houston e, per ultimo, nel mese di marzo 2016, a Dubai.

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LEONOR RIGAU – VISUAL WORKS AND REFLECTION

Simple Mutacion 2

Leonor Rigau è stata – per oltre 50 anni – una delle poche donne presenti nel mondo dell’arte contemporanea argentina. I suoi dipinti mostrano la trasgressione e la mutilazione del corpo umano e della natura. Lei è sia un’artista che un’insegnante, con riconoscimenti nazionali e internazionali. Dal suo insegnamento e dalla ricerca e creazione personale, Leonor ha trovato le basi del suo lavoro nel colore e nella luce generando opere visive in cui immagine e riflesso sembrano fondersi in una continua interazione. L’architettura, gli apparecchi meccanici, i materiali leggeri e i giochi di ombre sono stati punti di partenza per l’ideazione delle opere e per le sue creazioni visive. Il lavoro di Leonor è sempre mobile, perché il soggetto è il pensiero, e attorno ad esso, l’artista traccia un arcipelago iridescente luminoso per gli occhi e per la mente, che osa giocare con il suo lavoro in piena libertà. Attraverso numerose mostre personali e collettive, l’arte di Leonor Rigau è rinomata soprattutto per le opere che vengono associate al neoespressionismo e presentate in serie pittorica. Queste opere contengono le dichiarazioni sui temi legati all’identità di un individuo e la sua interazione con l’ambiente esistente. Scopri la sua selezione di opere d’arte in vendita su Kooness.com 

Leonor Rigau has been … Continua a leggere →

FULVIO DI PIAZZA – FLOATING ANIMALS

Rupe

Di Piazza è un’artista che ama rappresentare paesaggi fantastici ricchi di vegetazione e di animali onirici. Dopo la formazione all’Accademia d’Arte di Urbino, si dedica a grandi dipinti ad olio che rappresentano scene surreali ricche di vegetazione, foreste rigogliose, spirali di fumo vulcanico, isole che fluttuano nel cielo e intense luci solari. Protagonisti delle sue opere uniche sono spesso, nel centro del canvas, grandi teste di animali galleggianti che, se osservate attentamente, rivelano delicati e precisi paesaggi in miniatura. I dipinti di Fulvio di Piazza sono stati definiti da Artforum “un primo esempio di horror vacui”, termine con cui si definisce il riempimento di un’opera d’arte con minuziosi particolari. Prediligendo i colori scuri e l’abbondanza di vorticose nubi, questo artista viene spesso interpretato come pessimista. Lui stesso ha infatti dichiarato che le sue opere sono un rappresentazione surreale ispirata ai trattati politici ed economici del teorista Jeremy Rifkin in particolare nel suo libro Entropy (1980). Le sue opere sono presenti nelle più prestigiose gallerie d’arte internazionali, ha esposto a Colonia, New York e Los Angeles.

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Di Piazza is an artist … Continua a leggere →