BEACH STYLE, SPLENDORI E MISERIE
John e Jacqueline Fitzgerald Kennedy a Hyannis Port, 1959
Banale ma inconfutabile: è più facile affrontare la temutissima prova costume – et similia – se si ha un fisico alla Hugh Jackman. Altrettanto banale, altrettanto inconfutabile: di Hugh Jackman ce n’è uno solo. Che fare? Rinunciare di partenza a non sfigurare quando si è in vacanza al caldo ed il nostro corpo si mostra maggiormente? No. Tutti hanno il diritto a risultare ben vestiti anche quando si è poco vestiti. Tutti possono elaborare un proprio beach/summer style con un buon margine di successo. E di dignità.
Rock Hudson, 1955
Fashion Fil Rouge sostiene da sempre che la vera conquista della moda di oggi consista nell’emancipazione dai diktat, nella convinzione che ognuno possa indossare ciò che vuole, con un consistente apporto di interpretazione personale dei fashion look proposti stagione dopo stagione. Ora, nessuno intende rinnegare questo concetto. Ma nel caso specifico forse il rispetto un po’ più scrupoloso di certe regole può davvero aiutare.
Clint Eastwood, 1960
Partiamo da alcuni capisaldi, davvero basici. Aiuta molto il fatto che il costume da bagno abbia sempre proporzioni misurate. Mai troppo aderenti, mai troppo ridotte. Fantozzi con il suo clamoroso mutandone ascellare fa ridere, ma è prerogativa del personaggio, non dell’indumento. Lasciano invece perplessi i micro-slip e/o i micro-boxer addosso a chi non può (più) permetterselo.
Il Principe Kyril di Bulgaria
Rimanendo in area costume: l’estate è la stagione del colore che dunque è più che benvenuto. Ma attenzione: certe iper-fantasie non se le possono permettere in troppi. Può farlo il Principe Kyril di Bulgaria, per esempio, e non certo per ragioni di fisico, pur invidiabile.
Cary Grant, “Caccia al ladro”, 1956
Senza contare che ci sono pattern che non sono mai sbagliati, come il tartan, e che resistono da decenni. Già il super-fusto, con tanto di addome a tartaruga e mega-tattoo in bella mostra, forse non è un modello da seguire senza rifletterci un attimo.
Don Johnson e Philip Michael Thomas, “Miami Vice”, 1986
Allarghiamo il campo d’osservazione: non è difficile intuire che per stare bene con una T-shirt bianca, nera o blu, anche a ottant’anni, o con una polo monocolore non occorre essere né James Dean, né Marlon Brando, né Rock Hudson. Mentre per colpire scegliendo un look in technicolor pastellato serve quanto meno l’appeal di Don Johnson in “Miami Vice”.
Elvis Presley, “Blue Hawaii”, 1961
Dalla T-shirt alla camicia: non sono obbligatorie le fantasie hawaiane a meno di non chiamarsi Elvis Presley e di dover interpretare un film ambientato in qualche atollo del Pacifico. Vale lo stesso discorso per i motivi psichedelici alias nostalgico-hippie.
Luca Cordero di Montezemolo nel 1968
Reggono, al massimo, se si ha l’aplomb di un Luca Cordero di Montezemolo, già ben consolidato nei suoi anni verdi. E’ invece mediamente più saggio, e comunque pagante, prendere in considerazione certe grafie elementari e nitide che esistono da sempre: in primo luogo le rigature, sulle polo come sulle maglie in cotone, in cui si mixano bianco/blu, bianco/nero, eventualmente bianco/rosso. Fanno marinaio, non c’è dubbio, ma non sono impossibili, non stancano, non espongono troppo all’effetto circo.
Gianni Agnelli, 1948
Lo chic vero in versione summer? Sarebbero, ovvero sono, il bianco totale e il neutro, il non-colore. Lo sapevano gli intellectual dandy d’anteguerra come Garcia Lorca. Lo sapevano Gianni Agnelli e John Fitzgerald Kennedy. Ma nell’Olimpo, si sa, i posti sono limitati.
Totò, “L’imperatore di Capri”, 1949
Il peggio del peggio? Gli improbabili accrocchi etnico-cromatici di fogge, colori, ispirazioni. Sono irresistibili se a sfoggiarli è il grandissimo Totò in versione “Imperatore di Capri”, con il preciso intento di fare il verso ai fashion addicted di allora. Devono far pensare se diventano l’uniforme di certi Signori già in età e dal fisico non esattamente invidiabile.
Leslie Howard e Ingrid Bergman, “Intermezzo”, 1939
In sostanza: chi vuol esser lieto sia. Osare e divertirsi con ciò che si indossa è lecito e imprescindibile, in special modo in vacanza. Esiste il libero arbitrio. Ognuno di noi metta in conto che potrebbe raccogliere non soltanto allori… Giorgio Re
Beach Style, glories and miseries. Obvious but irrefutable: it’s easier to face the dreadful swimsuit season with a body like Hugh Jackman. What shall we do? Shall we give up from the outset not making a fool of us while we’re on holiday and we should take off our clothes? No. Everybody has the right to appear well-dressed even if less-dressed. Everybody can elaborate his own beach/summer style with a great amount of success. And dignity. Fashion Fil Rouge has always asserted that the real conquest of fashion is the emancipation from diktats, in the certainty that everybody can wear what he wants, with a personal interpretation of the fashion looks presented every season. Now, nobody wants to deny this idea. But, in this specific case, a more scrupulous observance of certain rules can really help. Let’s start with some foundations. The swimsuit should have measured proportions. Never too fitted, never too revealing. Summer is the season of colors, but be careful: some loud patterns are not for all. Maybe for the Prince Kyril of Bulgary, and not only for his body, even if enviable. There are timeless, never wrong, prints, like the tartan. The total hunk, with six-pack and tattoes, maybe is not our reference model. Let’s enlarge upon our observations: it’s easy to see that we don’t have to be James Dean, Marlon Brando, Rock Hudson to look good wearing a white, black or blue T-shirt, or a plain polo shirt . While if you want to surprise with a pastel technicolor look you need at least the appeal of Don Johnson in “Miami Vice”. From the T-shirt to the shirt: Hawaian prints are not necessary unless you are Elvis Presley, starring in a movie set in a Pacific atoll. The same for psychedelic aka wistful-hippie patterns. They can handle, a the most, only with the aplomb of a young Luca Cordero di Montezemolo. It’s wiser to choose some simple, timeless, patterns: first of all stripes, in white/blue, white/black, eventually white/red. They remind us the sailors with no doubts, but they’re not impossible, they don’t bore. The real summer refinement? The total-white and the neutral shades, in the vein of Garcia Lorca, Gianni Agnelli and John Fitzgerald Kennedy. But Olympus has a very few vacancies. The worst case? The absurd ethnic mixes of shapes, colours, inspirations. They’re irresistible only if worn by the great Totò in the “Emperor of Capri”, with the clear purpose of mocking the fashion-addicted of that time. They should make us think if they become the uniform of some no longer young nor fit men. To sum up: daring and having fun with clothes is legitimate and unavoidable, especially on holiday. There’s the free will. But consider that we couldn’t collect only approvals…Giorgio Re