ALL AROUND THE WORLD

Non neghiamolo: vestire sempre e soltanto “comme il faut” un po’ annoia: completo e cappotto impeccabili, camicia “giusta”, colori eternamente sobri, fantasie sì, ma canoniche – Principe di Galles, pied de poule, al massimo tartan; polo e pull vivaci solo nel tempo libero…Per fortuna già da decenni questo imperativo categorico ha smesso di essere tale.

La rottura si compie sostanzialmente nell’era beat. Tutti ricordano George Harrison con la camicia indiana coloratissima – la “kurta” – o David Bowie nella fase glam rock. Magari non sono modelli di riferimento determinanti per l’abbigliamento comune, ma di certo conservano una salda presenza nell’immaginario collettivo.

Al “rischio monotonia” la moda offre da sempre una preziosa via d’uscita: la capacità di guardarsi intorno, considerando altre culture, altri stili di vita, altri paesaggi, al di là di ogni possibile limite spazio- temporale, ispirandosi a tutto ciò e facendo man bassa non solo di fogge alternative, ma soprattutto di colori, decori, fantasie, non necessariamente connessi all’abbigliamento, ma magari anche agli stili architettonici – Art Decò in primis – o a più svariati manufatti, dai tappeti alle carte da parati, oppure ancora alla flora e alla fauna.

A parere di chi scrive è quindi improprio parlare di moda etnica. Semmai si può ragionare sul concetto di “moda globale”, ovvero di una moda per così dire “mondo-centrica” che consente allo stile di essere vivace e variegato. E stiamo parlando di un concetto di moda che ora è più forte che mai ed ha davvero sconfitto l’obbligo alla sobrietà. 

Come si è detto, è da sempre che la moda sa che esiste un’alternativa al rigore a tutti i costi. E’ dall’epoca di Marco Polo che si conosce la stupefacente ricchezza, per nulla monocolore, di una civiltà avanzatissima come quella cinese. Prende così avvio il traffico di materie pregiate, tessuti inclusi, verso l’Occidente. E prima ancora, Alessandro Magno, pur educato da Aristotele, è pur sempre il sovrano del Regno di Macedonia, rozzo e pastorale, lontano miglia e miglia, non solo geograficamente, dalla superba Atene.

Ma Mégas Alexandros scopre il vero sfarzo solo quando si imbatte nell’opulenza languida e tutta orientale dell’Impero persiano. Più tardi i conquistadores spagnoli, una volta che l’Europa accetta l’idea che il mondo non finisce alle Colonne d’Ercole buttandosi a capofitto nel “descubrimiento” delle presunte Indie Occidentali, rimangono ammaliati dalla raffinatezza degli Aztechi, dei Maya, degli Incas. Senza per questo esimersi dallo sterminare milioni e milioni di indios.

Più pragmatici, gli Inglesi, colonizzando l’India ed i Paesi limitrofi, evitano mattanze apocalittiche. Accentuano e rendono invece sistematiche non solo l’importazione di stoffe rare verso la madrepatria, ma anche l’attitudine da parte di tutti gli Europei a considerare bello ed affascinante ciò che giunge da lontano, ciò che è esotico.

Senza operare alcuna differenza tra quello che arriva da civiltà già notoriamente ricche –l’India, appunto – e ciò che al contrario ha origine da società considerate semi-barbare, se non ignorate del tutto, come quelle dell’Asia Centrale. Per concludere: insieme a molti altri, i motivi kilim o ikat sono presenti in una parte considerevole delle collezioni attuali. Piacciono, divertono e permettono di vestirsi trasmettendo una sensazione di libertà, di vitalità, di divertimento.

Tirando le somme, la moda “mondo-centrica” – anche se vissuta a complemento di quella occidentale con i suoi canoni che meritano il rispetto di sempre – è una grande conquista. A tutto vantaggio delle valenze dell’eleganza rispetto all’individualità di ognuno di noi, alla nostra personalità, alle chance di interpretazioni dello stile. Giorgio Re

Don’t deny it: dress always and only “comme il faut” is a bit boring: flawless suit and coat, the “right” shirt, eternally sober colours, classic prints – glencheck, houndtooth-cloth, checks-; polo shirts and coloured pullovers only in the spare time…fortunately this imperative has ended to be categorical since decades ago. This break happens in the beat era. Everybody remembers George Harrison wearing the indian colourful shirt – the “kurta”- or David Bowie in his glam rock period. Maybe they’re not reference models for an everyday outfit, but they still remain in the collective imagination. There’s always a valuable way out offered by fashion to the “boredom risk”: the ability in looking around, considering other cultures, lifestyles, landscapes, beyond every spatio-temporal boundary, drawing inspiration from this and stealing shapes, colours, embellishments, patterns, not necessarily linked to clothes but also to architecture – Art Decò, for example – or artefacts, from carpets to wallpapers, or plants and animals. So in the writer’s opinion talking about ethnic fashion is incorrect. Maybe we can talk about “global fashion”, a world-centric fashion that allows to have a bright and varied style. And this is a fashion concept that now is stronger than ever and has defeated the sobriety duty. As told before, fashion has offered different choices to rigour at any cost since ever. Since Marco Polo’s era we’ve known about the incredible opulence of the advanced Chinese culture. From then on there was a trade of fine materials, fabric included, towards the West. And, before, Alexander the Great, even if educated by Aristotle, was the sovereign of the Kingdom of Macedonia, which was rough and pastoral, miles away, not only in geographical meaning, from the magnificent Athens. But Mégas Alexandros discovered the real splendour when he meets the authentically oriental and languid opulence of the Persian Empire. Later the Spanish conquistadores, going beyond the fear of the unknown, were charmed by the refinement of the Aztecs, the Mayas, the Incas. But they however killed off millions and millions of natives. More pragmatic, the English, while colonizing India and bordering countries, avoided apocalyptic massacres. Instead, they increased and made systematic not only the import of rare fabrics towards homeland, but also the European attitude of considering beautiful and charming everything comes from afar, everything is esotic. Without making any difference between what comes from rich countries – India, indeed – and what, on the contrary, comes from semi-barbaric cultures, like those of central Asia. Finally: with many others, kilim or ikat motifs have a great role in latest collections. They are appealing, funny and spread a feeling of freedom, vitality, etertainment. To sum up, world-centric fashion is a great achievement. With remarkable advantage of elegance values related to our individuality, personality, interpretations of style. Giorgio Re

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